LE SCHEDE DI CIOFFA - Lo stretching
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Ricerche speciali a cura di Francesco CIOFFARELLI
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Prima parte: aspetti fisiologici
Lo stretching è una parola di lingua
inglese, che in italiano significa Allungamento, che indica particolari
tecniche, miranti all'incremento delle strutture anatomiche come i muscoli, i
tendini, i legamenti. Lo stretching è una metodica allenante finalizzata
all'estensibilità muscolare; sfruttando varie tecniche, consente di raggiungere
benefici in termini di flessibilità e prevenzione degli infortuni
muscolari. Ci sono varie tecniche per effettuare lo stretching , noi ne
analizzeremo alcune tra le più usate, prima però dobbiamo capire su quali basi
si sviluppa l'allungamento muscolare. Le basi fisiologiche sulle quali poggia
questa forma d'allenamento, sono comuni a quelle che governano i sistemi
propriocettivi di controllo del movimento. I propriocettori, infatti, sono
terminazioni nervose, poste nei muscoli e nei tendini, aventi una funzione
decisiva nel controllo della contrazione e del rilassamento della muscolatura
scheletrica.
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In linea generale, possiamo dire che
all'interno del tessuto muscolare e tendineo sono dislocate due categorie di
recettori sensoriali: i fusi neuromuscolari le cui fibre sono disposte
longitudinalmente, ovvero parallele a quelle muscolari, e regolano il riflesso
da stiramento; e gli organi tendinei del golgi le cui fibre sono disposte in
serie, cioè perpendicolarmente rispetto a quelle muscolari, regolano il riflesso
inverso da stiramento.
Il riflesso da stiramento è mediato dai fusi
neuromuscolari, questi ultimi sono stimolati dall'allungamento del muscolo in
cui si trovano, e inviano al Sistema nervoso centrale (SNC) informazioni circa
la lunghezza delle fibre muscolari, la velocità con cui avvengono le variazioni
di lunghezza col trascorrere del tempo. Tali informazioni, soprattutto quelle
relative a velocità elevate, quindi eccessive per il muscolo, e quelle relative
all'incremento della lunghezza delle fibre muscolari generano una risposta
riflessa nel muscolo, sotto forma di contrazione, che prende il nome di riflesso
da stiramento. Se un muscolo è stirato bruscamente, la contrazione riflessa
risultante sarà più violenta di quella provocata da un allungamento lento e
progressivo. Nell'ambito dello stretching, il riflesso da stiramento
rappresenta, quindi, un ostacolo "fisiologico" al raggiungimento di un elevato
grado di allungamento delle fibre muscolari.
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Il riflesso inverso da stiramento è
mediato da organi propriocettivi situati nei tendini, gli organi tendinei del
golgi. Come abbiamo detto sono situati nel tendine, più precisamente in
prossimità delle loro giunzioni con le fibre muscolari. Quando il muscolo si
contrae mettendo in tensione il tendine, questi recettori inviano al SNC un
impulso, che è tanto più intenso quanto maggiore è il grado di tensione del
tessuto tendineo. In tal modo gli organi tendinei del golgi rivestono un ruolo
di protezione a livello del muscolo, poiché reagiscono agli eccessi di tensione
delle fibre muscolari, i quali vanno a scaricarsi sulle fibre tendinee; la
reazione si manifesta nell'induzione di uno stato di rilassamento delle fibre
muscolari e questo fenomeno prende il nome di riflesso inverso da stiramento. A
differenza però dei fusi neuromuscolari, la cui risposta è immediata, gli organi
tendinei del golgi necessitano di un tempo di stimolazione fisiologica di almeno
6\8 secondi per indurre il rilasciamento del muscolo.
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Seconda parte: come praticare lo stretching
Come abbiamo detto in precedenza ci sono varie
tecniche di stretching che consentono di migliorare la mobilità delle
articolazioni corporee, ponendo cioè in estensione per tempi prolungati le
strutture muscolari tendinee e legamentose.
- La prima tecnica definita tecnica dinamica viene posto in estensione il
muscolo o il gruppo muscolare su cui si vuole agire, tramite l'assunzione di
posizioni di massima flessione, estensione,o torsione a seconda delle
caratteristiche funzionali dell'articolazione interessata.
Questa posizione
deve essere assunta lentamente, in modo da non stimolare nei muscoli antagonisti
il riflesso di stiramento. Giunti nella posizione, si mantiene per un tempo
minimo di 15-30 secondi, deve trattarsi della massima estensione che i muscoli
sono interessati sono in grado di raggiungere, senza però andare oltre la soglia
del dolore. Al termine si osserva un breve periodo di rilasciamento
valutabile in 30-60 secondi. Si ripete poi l'operazione per altrettanti
20-30 secondi. Questa volta il grado di mobilità articolare sarà sicuramente
maggiore.
- La seconda tecnica definita tecnica passiva consiste nello stiramento lento e
passivo del muscolo agonista fino a raggiungere una posizione nella quale si
avverte disagio.
La posizione deve essere mantenuta all'incirca 30
secondi.
- La terza tecnica definita con la sigla PNF (facilitazione propriocettiva neuromuscolare),
differisce dalle altre due, perché invece di basarsi su un tempo unico, quello
di trazione prolungata, si basa su due tempi successivi e ben distinti.
Dopo
un iniziale massimo allungamento, raggiunto attraverso la lenta assunzione della
posizione articolare limite, si effettua una contrazione del muscolo, o del
gruppo di muscoli, interessato all'allungamento. Questa contrazione,
realizzata ponendo in resistenza al movimento, deve essere più intenso
possibile, ma non dovrà provocare spostamento alcuno dei segmenti corporei, si
tratta di una contrazione isometrica della durata di 8-15 secondi.
Particolare importanza è che questa operazione deve avvenire nelle posizioni
in cui il muscolo che si estenderà ulteriormente dovrà trovarsi già dall'inizio
dell'esercizio nella posizione di massimo allungamento. Dopo un brevissimo
tempo di rilassamento di 3-5 secondi, si porranno in trazione i muscoli
precedentemente contratti isometricamente. L'intero processo si ripeterà una
seconda volta.
Tra coloro che praticano attività sportiva possiamo distinguere due categorie:
- coloro che praticano sport
agonistico: per il quale la tecnica più idonea risulta essere la terza il
PNF , poiché ha il vantaggio di influire positivamente sul grado di
estensibilità muscolare e quindi sulla mobilità delle articolazioni corporee.
- Coloro che praticano sport e
attività motoria in generale non competitiva: per questi soggetti è
sufficiente adottare nella preparazione fisica la prima tecnica, la quale
consente di acquisire e mantenere un grado di mobilità articolare più che buono.
Comunque tutti gli sportivi praticanti, siano essi
degli atleti di alto livello, oppure dei semplici dilettanti o amatori, hanno o
dovrebbero avere a disposizione una serie di momenti nell'ambito della propria
preparazione, da dedicare alla pratica dello stretching. Ciò dovrebbe
avvenire nella parte iniziale degli allenamento, subito dopo il riscaldamento
generale, in tal modo i muscoli, i tendini, i legamenti essendo già "caldi" ma
non affaticati, danno una migliore risposta allo stimolo di allungamento.
Nel corso dell'allenamento i brevi tempi morti specifici di alcune
discipline sportive si possono colmare per distendere quei gruppi muscolari che
non avevano avuto la giusta cura nella parte iniziale del lavoro di stretching e
che cominciano ad accusare qualche sintomo di rigidità; infatti, i tempi
predisposti per l'allungamento di un gruppo di atleti non riescono sempre a
soddisfare le esigenze di tutti i singoli, specie per quanto riguarda la
mobilità articolare, essendo questa una qualità fisica decisamente soggettiva,
variabile da individuo a individuo in maniera anche rilevante. Infine, anche
nella parte conclusiva della seduta di allenamento si dovrebbe talvolta svolgere
esercizi di stretching, magari curando con più attenzione quelle articolazioni
che sembrano aver risentito maggiormente dello sforzo. Questa indicazione
risulta essere ancora più evidente quando nel corso dell'allenamento, si siano
svolte una grande quantità di esercitazioni miranti al miglioramento della forza
e della velocità.
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Terza parte: condizioni migliori per praticare lo stretching
Esistono delle condizioni generali di lavoro che
andrebbero osservate, in qualsiasi momento della giornata vengano praticati gli
esercizi di stretching.
- Abbigliamento: dovrebbe essere tale da offrire un ostacolo limitato o nullo, alla più ampia
mobilità dei segmenti corporei. Dunque l'importante è la comodità.
- La seconda tecnica definita tecnica passiva consiste nello stiramento lento e
passivo del muscolo agonista fino a raggiungere una posizione nella quale si
avverte disagio.
La posizione deve essere mantenuta all'incirca 30
secondi.
- Temperatura ambientale: non deve essere rigida ne l'aria troppo umida, possibilmente,
poiché queste sono le cause che predispongono i muscoli ai traumi.
Nemmeno il
pavimento deve essere freddo, mancanza d'altro un tappeto o una coperta fungono
benissimo allo scopo. Il freddo infatti,è uno dei fattori che ostacolano lo
stabilizzarsi di una condizione di relax psicologico.
- Temperatura corporea:
superiore a quella che si ha normalmente. Il lavoro muscolare produce sempre
calore dovuto dalla rottura dei legami chimici connessi alla produzione di
energia necessaria all'attività contrattile delle fibre muscolari
Il decalogo dello stretching:
1. Trazioni costanti, evitando molleggi e rimbalzi.
2. mai oltrepassare la soglia del dolore
3. prima dell'allungamento effettuare un riscaldamento generale
4. condizioni di esercitazione confortevoli
5. concentrazione
6. mai confrontarsi con altri
7. esercitazioni a carico naturale (almeno nella fase iniziale)
8. alternare l'estensione dei muscoli antagonisti ed agonisti
9. il programma deve essere preparato razionalmente (possibilmente da personale qualificato)
10. effettuare prima un controllo medico (come del resto anche quella di un qualsiasi attività motoria)
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